Lo chiamavano Pacì Paciana, il suo nome era Vincenzo Pacchiana. Era nato a Poscante, nella frazione che oggi chiamano il ponte di Zogno, e proprio lì faceva l’oste. Erano i primi anni dell’800 e Zogno era sotto il controllo dei gendarmi napoleonici durante il Regno Italico. L’osteria del Pacì Paciana lavorava molto perché da lì passava la strada che andava a Bergamo ed era un transito obbligato per mercanti e viaggiatori.
Arrivarono un giorno all’osteria del nostro due mercanti che si fermarono a mangiare e a dormire, e gli chiesero di chiamarli presto il mattino seguente perché dovevano ripartire, il tutto giustificato dal fatto che non avevano l’orologio. L’oste rispose di non preoccuparsi e, perché sapessero l’ora del risveglio, prestò loro l’orologio di suo padre, di un valore affettivo molto grande.
I due mercanti, un po’ manigoldi, il mattino s’alzarono senza farsi sentire e si allontanarono senza lasciare neppure l’orologio.
Appena alzato, Pacì Paciana, accortosi del furto, si mise ad inseguirli e, raggiuntili in mezzo al ponte di Zogno, richiese vivamente l’orologio. Al loro rifiuto ne prese uno e, forte com’era, sportolo oltre il ponte minacciava di buttarlo di sotto se non glielo avesse restituito. L’uomo tremante cedette e restituì il maltolto, ma poi con il losco compare si recò dai gendarmi a denunciare Pacì Paciana come se fosse stato lui il ladro.
Egli così venne preso, non creduto e messo in prigione, dove scontò la pena. Quando uscì di galera era molto cambiato per l’ingiustizia subita e, divenuto bandito, si diede alla macchia. Ma egli era un bandito di quelli buoni ed anche onesto; la gente sosteneva che era grande, forte e coraggioso e che era il padrone della Valle Brembana perché la percorreva da cima a fondo e tutti gli volevano bene perché aiutava quelli che avevano bisogno, li difendeva e rubava ai ricchi per donare ai più poveri. Per questa ragione era ricercato dai gendarmi.
Un giorno, passando per Sedrina Alta, Pacì Paciana vide una povera donna con un piccolo in braccio. La salutò e le disse: “Buongiorno e buon appetito”. La donna scoppiò in pianto e raccontò che il marito era morto, che aveva tanti figli da mantenere e nessuno la aiutava. Lui allora le diede un marengo d’oro e fece altrettanto con la gente che si era radunata.
Saputo poi che il prete nell’omelia della domenica aveva parlato male di lui e dei soldi che dava in carità, perché diceva che erano rubati, lo minacciò dicendogli: “I soldi sono guadagnati dalla povera gente e i ricchi se ne impossessano, tu devi fare come me, restituire i soldi alla povera gente!”. Detto questo si fece dare tutti i marenghini d’oro che aveva nel cassetto, con l’intenzione di darli ai poveri.
A quel punto il parroco, precipitatosi alla finestra, chiese aiuto ai gendarmi che sorpresero Pacì Paciana sul Ponte Alto del Brembo. Arrivato in mezzo al ponte egli dovette fermarsi, poiché dall’una e dall’altra parte vi erano i fucili puntati contro di lui. Si narra che il comandante disse queste parole: “Signor Pacchiana, anche le volpi vecchie cadono nelle trappole”. “Ma non le volpi di questo pelo!” rispose lui e spiccando un salto volò giù dall’altissimo ponte nelle acque del Brembo e riuscì in qualche modo a salvarsi.
Alla fine però dovette lasciare la valle perché sulla sua testa c’era una forte taglia e a qualcuno poteva venir voglia di tradirlo. Così decise di raggiungere i suoi amici spalloni contrabbandieri in Svizzera, dove lo raggiunse anche un brigante, tal Carcino Carciofo, che, fingendosi suo amico, lo uccise a tradimento.
La notizia arrivò veloce in Val Brembana: i gendarmi e i padroni tirarono il fiato per la contentezza; la povera gente, per lo più rassegnata, alzò le spalle e continuò a subire angherie.